a corte
sfinito e sgomento, Pauro con le vesti ormai logore e pregno di odori intensi, sfila legato in mezzo ad un esercito di rane, fino al trono di Gebbia, suscitando bizzarri interessi morbosi nel popolo dello stagno.
Una guardia
Non muoverti, fermo! Sua Maestà vuole vederti.
Lenti muove i passi la regina,
storti, senza grazia di lumaca.
Annaspando, al fungo si avvicina.
Siede al trono del suo regno.
Roca la sua voce dice:
Sudditi! Felici siate,
questo è il regno delle rane;
amate, odiate, sia giusto tutto quel che fate!
Curvo il prigioniero,con il volto
Cerca il giusto inchino fra le piante,
è un gigante per il mondo attorno,
anche chino è troppo grande.
Un brandello delle vesti
Copre appena le vergogne,
giunchi stretti a mò di gogne;
Liberarsi non si può...
L'acquitrino ha colorato
la sua pelle, a tratti verde.
I capelli come corde
Sulle spalle a gocciolare.
Rane guardano vogliose,
se lo vogliono leccare,
lingue dedite al salmastro
ma leccarlo non si può.
Se lo guarda la regina,
palmo a palmo se lo scruta,
vede, annusa l'animale
fato o dono degli dei.
Liberate l'animale dalle catene
se dopo sviene
di larve io voglio che sazio lui sia.
Vi dico trattatelo bene,
badate che non fugga via!
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